Quando il Principe fa coming-out
Manvendra Singh Gohil, ultimo erede di un’antica dinastia di Maharaja induisti del Gujara, è stato il primo principe indiano a fare coming out.
Quando Manvendra disse alla propria famiglia di essere gay, venne rinnegato dal padre e disonorato. Molti suoi compatrioti scesero in strada e bruciarono le sue fotografie. Qualcuno chiese a gran voce che gli venisse tolto il titolo regale. Altri proposero la pena di morte.
“Scopri chi sei e non avere paura di esserlo” diceva Mahatma Gandhi eppure essere omosessuali in India non è mica semplice.
Nella maggioranza dei casi, fare coming out equivale ad un suicidio sociale. Coloro che dichiarano ciò che provano, magari ribellandosi ad un matrimonio precedentemente combinato, spesso vengono ripudiati dalle stesse famiglie e buttati fuori casa. Rimangono soli, ad accrescere le fila degli emarginati, senza un posto dove andare.
La “Section 377” di una legge che risale al al 1861, quando il paese era sotto il dominio britannico, punisce ogni “connubio carnale contro natura con uomini, donne o animali” con una pena fino a dieci anni di prigione.
Tuttavia, qualcosa in India sta cambiando. La Corte Suprema indiana ieri ha chiesto al governo di rivedere le rigide norme penali contro l’omosessualità.
La “Section 377” adesso trema e Mavendra non vede l’ora di vederla crollare.
Alla vigilia della sentenza aveva annunciato la volontà di mettere a disposizione 7 ettari di terreno per tutte le persone della comunità LGBT+ in fuga dalla stessa famiglia, dalle ritorsioni e dalla discriminazione sessuale. Un posto che offrirà rifugio, sostegno sociale e finanziario. Un posto dove non conta se sei stato diseredato. Un posto per tutti, dove poter essere se stessi.
Dopo aver creato, undici anni fa, la Lakshya Trust per i diritti LGBT+, ora Mavendra vuole andare avanti con il suo meraviglioso progetto pieno di coraggio, di tolleranza e di inclusione.
Un giorno, Mavendra Singh Gohil diventerà re. E quel giorno noi diremo “God save the queer”.